Gentile Signora, Egregio Signore,
Il più delle volte, un’attenta lettura della storia può aiutare a prevedere il futuro. Per quanto allarmante e doloroso possa sembrare, c’è un lato positivo nell’escalation del conflitto in Medio Oriente.
L’Iran stesso è oggetto di un grave equivoco. Anche se molti Iraniani non si considerano più “esclusivamente” Persiani, non sono Arabi. Già 500 anni prima di Cristo, Darius dominava il Medio Oriente, non solo con i suoi eserciti, ma anche con una civiltà brillante di cui sono testimonianza i resti di Persepoli. Gi insuccessi della Persia con i suoi vicini nel corso dei secoli, in particolare con i Turchi, non ne hanno intaccato la raffinatezza culturale o le competenze scientifiche, come dimostrano i progressi nel campo dell’energia nucleare o lo sviluppo di temibili droni. Tuttavia permane l’ambizione di controllare, e persino di dominare, il mondo arabo. Inoltre, il ricorso all’Islamismo radicale si è dimostrato un’arma potente. La sua efficacia è stata rafforzata da due importanti opportunità. In primo luogo, dall’esistenza di Israele come capro espiatorio ideale. In secondo luogo, dalle profonde disuguaglianze create dalla nefasta linea Sykes-Picot tracciata nel 1916, che sottrae la maggior parte delle risorse petrolifere del Medio Oriente dalle sue regioni più popolose.
Da questo punto di vista, l’agghiacciante raid di Hamas del 7 ottobre non è stato una coincidenza. Un piano a sostegno della creazione di uno Stato palestinese, finanziato principalmente dall’Arabia Saudita, stava per essere annunciato. Nel caso la controffensiva israeliana, rafforzata dall’intervento aereo americano, non riuscisse a porre fine al regime iraniano, dovrebbe quanto meno ritardare lo sviluppo di un’arma nucleare e, soprattutto, dissuadere l’Iran dal voler destabilizzare ulteriormente il Medio Oriente. Illusorio da parte nostra? Il piano dell’Arabia Saudita finalizzato alla creazione di uno Stato palestinese potrebbe tornare in auge.
E che dire dei mercati? La politica di arrendevolezza in Medio Oriente sta riducendo il premio sugli asset rischiosi e, come prevedibile, sul petrolio. Questi sviluppi sostengono in modo particolare l’Europa, le cui prospettive di crescita sono state ulteriormente migliorate dall’iniziativa all’avanguardia del cospicuo piano tedesco di stimoli economici recentemente promosso da Friedrich Merz. Il calo del prezzo del petrolio, accompagnato da un forte allentamento delle pressioni inflazionistiche globali, incoraggia le Banche Centrali a guardare al futuro con fiducia, optando per politiche monetarie più accomodanti. Il principale aspetto negativo potrebbe essere rappresentato dalle minacce di guerra dei dazi di Trump che, come anticipato nella mia lettera precedente, sembrano attenuarsi di giorno in giorno.
Manteniamo, tuttavia, una certa prudenza nei confronti degli asset statunitensi. Conserviamo un’esposizione ridotta al dollaro all’interno dei nostri portafogli, e una posizione sottoponderata nelle obbligazioni e azioni statunitensi, con l’unica importante eccezione dei titoli tecnologici protagonisti dell’ondata legata all’intelligenza artificiale. L’indebolimento del dollaro e il calo dei tassi di interesse dovrebbero contribuire ad aumentare il valore degli asset dei mercati emergenti, che non solo offrono interessanti opportunità di investimento ma restano anche sottovalutati.
Con l’augurio di un’estate serena e di prosperità, porgo i miei distinti saluti.