Carmignac – Outlook secondo semestre 2025

Da 'America first’ all'anarchia finanziaria globale

Data di pubblicazione
13 giugno 2025
  • Avendo apparentemente fatto una diagnosi sbagliata dei problemi economici degli Stati Uniti, Trump ha messo in atto dannose politiche anti-crescita.
  • La Federal Reserve è in modalità reattiva, incapace di attenuare gli effetti del trumpismo. La responsabilità fiscale è decisamente passata in secondo piano e i bond vigilantes rivestono allo stesso tempo il ruolo di giudice, giuria e boia.
  • Ne consegue che nel resto del mondo i margini di manovra fiscale si ampliano (Cina esclusa). Molti paesi ne approfitteranno per ridurre i rischi diminuendo l’esposizione agli Stati Uniti.
  • Senza un'alternativa credibile, l'erosione del dollaro USA come valuta di riserva globale implica un parziale ritorno alle commodities come asset di riserva ufficiali e un'adozione accelerata delle criptovalute da parte del settore privato. Nei mercati sviluppati si assisterà a un’accelerazione della transizione verso la fiscal dominance.
  • La Cina non mostra alcun segnale politico di voler cambiare il proprio modello predatorio basato sulle esportazioni. Il Paese ha bisogno di ulteriori stimoli.
  • La ripresa europea è in ritardo, ma non si è interrotta; il vero banco di prova sarà il mercato del lavoro.
  • Queste preoccupazioni reali rappresentano un'opportunità per i gestori attivi disposti a guardare oltre il muro dell’incertezza per trovare opportunità interessanti.
  • Serve cautela sui titoli di Stato, a causa dell'aggravarsi dei disavanzi di bilancio. La parte lunga della curva non è interessante, in quanto il premio a scadenza è in aumento. Si preferiscono i tassi reali e una selezione attenta del credito, per concentrarsi su strumenti con rendimenti interessanti e superiori all'inflazione.
  • Nel mercato valutario, una strategia barbell consente di trarre vantaggio dai “vincitori” su diversi fronti delle tensioni commerciali legate a Trump.
  • Sul fronte azionario, i titoli tecnologici rimangono interessanti, ma occorre fare attenzione alle valutazioni. L'Europa e i mercati emergenti sono ancora poco detenuti, sottovalutati e trascurati, e rappresentano un’opportunità per gli stock-picker.

Outlook economico – Raphaël Gallardo, Chief Economist

Una guerra commerciale senza precedenti

Prima dello shock della seconda guerra commerciale, l'economia globale era avviata su una modesta traiettoria di ripresa. Ora, ipotizzando che i dazi statunitensi si stabilizzino a un picco del 15%, stimiamo che la crescita globale si riduca dello 0,5% (-1,0% negli Stati Uniti, -0,5% in Cina, -0,4% nell'Eurozona), attestandosi al 2,4% nei prossimi 12 mesi.

Negli Stati Uniti, il calo della fiducia dei consumatori e delle imprese fa già presagire un forte rallentamento della domanda interna privata. Il mercato del lavoro dovrebbe riflettere l’attenuazione degli "animal spirits" già nel 3° trimestre 2025. L’inizio di una fase deflattiva nei prezzi delle nuove abitazioni ridurrà inoltre l’effetto ricchezza legato al mercato immobiliare. Per le famiglie a basso reddito, l'aumento dei tassi di insolvenza sul credito al consumo suggerisce che le riserve di risparmio sono ormai finite.

A differenza del rallentamento precedente, questa fase di debolezza non può essere contrastata da un atteggiamento proattivo della Fed e da un allentamento delle condizioni di credito sulla parte lunga della curva. Infatti, un'inflazione persistentemente sopra al target costringerà la Fed a essere insolitamente reattiva. Le minacce di Trump sulla sua indipendenza indurranno il presidente Powell a ritardare ulteriormente il prossimo taglio dei tassi.

Anche la parte lunga della curva si rivelerà rigida a causa dell'aumento del premio a scadenza. I bond vigilantes si stanno facendo sentire dopo che la maggioranza repubblicana ha mostrato un totale disprezzo per qualsiasi vincolo fiscale residuo, compromettendo al tempo stesso la crescita potenziale del Paese, con le restrizioni all'immigrazione e l'assalto alle capacità di innovazione e, più in generale, allo stato di diritto.

Diagnosi sbagliata = soluzione sbagliata

L'ascesa al potere di Trump ha fatto leva su alcune legittime preoccupazioni degli elettori statunitensi, non ultima l'esplosione delle disuguaglianze economiche. E come ogni leader populista, Trump ha escogitato una soluzione semplice e un capro espiatorio esterno: il commercio internazionale sleale.

L'ossessione per il deficit commerciale è tanto più bizzarra se si considera che un’economia sviluppata come quella degli Stati Uniti ha una specializzazione "normale" nei servizi, settore in cui infatti godono di un surplus dell'1% del PIL. Il disavanzo delle partite correnti è tutt'altro che allarmante e non esiste alcuna manipolazione del valore esterno del dollaro da parte dei grandi partner commerciali degli Stati Uniti. Il deficit estero del Paese è dovuto più che altro al tasso di risparmio nazionale eccessivamente basso, causato da un abissale deficit fiscale da piena occupazione e un tasso di risparmio delle famiglie al 4%, a sua volta riconducibile al potente effetto ricchezza delle azioni. E il mercato azionario è ai massimi perché gli investitori stranieri si sono riversati in massa sulle azioni delle società tecnologiche statunitensi.

Non sorprende che, basandosi su una diagnosi sbagliata, Trump giunga a soluzioni che non fanno che aggravare i problemi. In primo luogo, i dazi e le restrizioni all'immigrazione sono shock stagflazionistici che indeboliscono la traiettoria fiscale e rendono la valutazione delle azioni statunitensi ancora più complessa. In secondo luogo, i nuovi tagli fiscali sono presumibilmente temporanei oppure finanziati da tagli alla spesa posticipati, che dovrebbero scattare una volta concluso il mandato di Trump. Ciò ha convinto gli investitori obbligazionari esteri che ogni parvenza di prudenza fiscale sia stata abbandonata. In terzo luogo, i tentativi di costringere i partner commerciali a rivalutare le proprie valute rispetto al dollaro durante negoziati commerciali ad alta tensione sono un invito per gli investitori stranieri a liquidare i propri asset statunitensi o a coprire il rischio di cambio. Infine, la famigerata aggiunta della "Sezione 8991" al disegno di legge fiscale sembra una dichiarazione di "guerra dei capitali" al resto del mondo, poiché gli Stati sovrani non saranno in grado di difendersi dall’abuso di potere di mercato esercitato dai colossi aziendali statunitensi.

Per le aziende e gli investitori privati stranieri, la Sezione 899 è una spada di Damocle che pende sui futuri dividendi e profitti realizzati negli Stati Uniti. Tutte queste politiche hanno in comune un aumento del rischio di una liquidazione disordinata e auto-alimentata delle posizioni legate all’"eccezionalismo statunitense", a prescindere che si affermi o meno che questi scambi abbiano raggiunto livelli da "bolla".

Oltre il dollaro

La fine di 15 anni di scambi commerciali basati sull’"eccezionalismo statunitense" implica un mercato ribassista strutturale per il dollaro USA. Significa anche che il dollaro rischia di perdere il suo status di valuta di riserva mondiale?

La posizione degli Stati Uniti è in crisi su molti di questi aspetti, ma non c’è un’altra valuta fiat2 che si appresti a rimpiazzare il dollaro.

Il renminbi cinese non è convertibile. L'Eurozona è un'unione monetaria incompiuta, priva del sostegno di un Tesoro unificato. Il Giappone è in avanzato stato di declino demografico.

In assenza di alternative credibili, le Banche centrali si rivolgono nuovamente all'oro, tanto più che, a nostro avviso, i fondi sovrani si sposteranno verso altre materie prime strategiche, non direttamente "monetizzabili" come l'oro ma detenibili e in grado di offrire un’assicurazione geopolitica in un mondo divenuto più instabile: petrolio, rame, litio, ecc.

Anche il settore privato per la prima volta nella sua storia ha a disposizione un bene non confiscabile, pienamente integrato nei sistemi di pagamento della maggior parte delle valute convertibili e privo di rischio sovrano: le criptovalute a offerta fissa.

L'ordine monetario internazionale si sta quindi biforcando in due direzioni completamente opposte: da un lato una trasformazione retrospettiva e conservatrice degli asset di riserva in commodity detenuti dal settore ufficiale, dall’altro una deriva verso le criptovalute, sia come mezzo di scambio che come riserva di valore per il settore privato.

L’emergere di queste tendenze riflette il passaggio da un sistema unipolare basato su regole a un regime multipolare più anarchico, che di per sé genererà instabilità. La competizione tra Stati sovrani per uno stock finito di commodities alimenterà le tensioni internazionali. La trasformazione delle riserve ufficiali in commodities e la crescente adozione delle criptovalute da parte del settore privato ridurranno la domanda di titoli di Stato, rendendo le traiettorie del debito sovrano ancora più precarie. Queste trasformazioni contribuiranno al quasi inesorabile passaggio a un regime di dominanza fiscale, che vedrà le Banche centrali costrette a monetizzare debiti pubblici insostenibili, determinando inflazione e repressione finanziaria.

Stimoli all’orizzonte per la Cina

La Cina ha registrato un primo semestre discreto grazie alle nuove misure di stimolo applicate a partire dallo scorso settembre. Alcuni segnali indicano però che il programma di permuta dei beni di consumo si sta esaurendo.

Saranno necessarie ulteriori misure entro l'autunno. Tuttavia, prevediamo solo una dose supplementare di sostegno ciclico da parte delle autorità fiscali e monetarie.

Per ora non ci sono segnali che la leadership stia contemplando un cambiamento fondamentale dell'attuale regime di crescita predatoria tecno-mercantilista. Le misure di liquidità mirate hanno stabilizzato i prezzi delle case nelle principali città, riducendo l’impatto degli effetti di ricchezza negativi sui consumi e l'urgenza di invertire le pressioni deflazionistiche interne. Xi Jinping ha esercitato la sua influenza su settori critici delle catene di fornitura high-tech per costringere Trump a una tregua commerciale con dazi limitati a circa il 40%. Stimiamo che il costo di questi nuovi dazi si aggirerà intorno allo 0,5% del PIL, gestibile con un altro programma mirato di stimoli al consumo.

L'Europa va avanti... per ora

Nell'Eurozona la ripresa è in ritardo, ma non è stata interrotta dalla guerra commerciale.

Il nuovo (dis)ordine degli Stati Uniti comporta una redistribuzione della crescita verso il resto del mondo. L'Europa guadagnerà spazio fiscale. È fortemente incentivata a investire per ridurre i rischi legati alle catene di fornitura e alle rotte di esportazione evitando gli Stati Uniti, ricreando un complesso militare indipendente e costruendo nuove infrastrutture di base e digitali.

Gli sviluppi del mercato del lavoro saranno determinanti per la prosperità dell’Eurozona. Gli utili aziendali sono stati schiacciati dai tassi reali elevati e dall'accumulo della manodopera. La resilienza dell'occupazione e la ripresa della domanda interna potrebbero essere messe alla prova, soprattutto in Francia, dove dalla seconda metà dello scorso anno si registra un costante deterioramento dell'occupazione, che potrebbe accelerare con l’inedita ma necessaria manovra fiscale correttiva.

Nonostante il rischio del mancato raggiungimento del target di inflazione a causa di uno shock a quattro dimensioni (forza dell'euro, deflazione delle tariffe energetiche, dazi e nuove politiche commerciali), la Banca Centrale Europea (BCE) ha mostrato, nella riunione di giugno, una certa avversione a testare l’intervallo dei tassi neutrali. Ci aspettiamo ancora un taglio ulteriore a settembre, ma l'asticella per un allentamento monetario si è alzata.

Strategia di investimento – Kevin Thozet, member of the Investment Committee

Scalare il "muro delle preoccupazioni"

La prima metà dell’anno ha visto l’emittente della principale valuta di riserva mondiale comportarsi come un mercato emergente, con un calo simultaneo degli indici obbligazionari, valutari e azionari. Dopo anni di compiacenza, ciò ha rappresentato un brusco promemoria del fatto che l’investimento attivo – e la capacità di essere flessibili – ha una chiara utilità.

Le tattiche di Trump, l'ambivalenza della sua funzione di reazione – oscillante tra il TACO (“Trump Always Chickens Out”, “Trump finisce sempre per fare marcia indietro”), che offre un sostegno all'S&P 500, e il TOFU (“Trump Occasionally F**ks-Up”, “Trump ogni tanto combina casini”), che al contrario tende a limitare l'apprezzamento delle azioni statunitensi – ma anche i rendimenti elevati delle obbligazioni a lunga scadenza e l'inversione del trend di lungo periodo sul dollaro USA sono tutti motivi di preoccupazione. Questi rischi sono sempre più visibili, come testimonia il posizionamento piuttosto prudente degli investitori. Di conseguenza gli asset rischiosi hanno un potenziale di rialzo, per quanto minimo, ma esiste un percorso per permettere ai gestori attivi di scalare il "muro della preoccupazione", se sono disposti a guardare oltre il breve termine per individuare opportunità interessanti nel lungo termine.

Mercati obbligazionari

Sui mercati del debito sovrano la prudenza è d'obbligo: can che abbaia non morde! Il bilancio degli Stati Uniti è costruito come quello francese. La Germania sta spendendo come non faceva da decenni e gli investitori chiedono un premio più alto per prestare denaro sul lungo termine.

La combinazione di questa prodigalità fiscale con la mancanza di appetito degli investitori per il debito a lungo termine porta a preferire il debito a breve termine in euro, anche perché la pressione disinflazionistica consente alla BCE di essere proattiva. Negli Stati Uniti, invece, preferiamo le obbligazioni con scadenza a cinque anni, tenuto conto di una Fed in modalità reattiva: meno tagli dei tassi nel breve termine richiedono più tagli dei tassi nel medio periodo.

Inoltre, poiché il rischio di inflazione di lungo periodo è ancora sottovalutato dai mercati, preferiamo i tassi reali a quelli nominali.

I rendimenti di alcuni mercati del credito offrono un'isola di certezza in un mare di incertezza. In uno scenario in cui il rischio di recessione nel breve termine appare relativamente contenuto su entrambe le sponde dell'Atlantico, il settore energetico e quello bancario appaiono interessanti con alcuni strumenti accuratamente selezionati che offrono rendimenti ben superiori al 5%. Il livello dei rendimenti è il miglior indicatore dei rendimenti potenziali futuri, offrendo una protezione contro un rialzo dei tassi di interesse e i movimenti degli spread.

Tuttavia, le valutazioni degli asset rischiosi sono in rialzo, come dimostrano i premi per il rischio di alcuni segmenti high yield, che si aggirano intorno a livelli simili a quelli osservati prima dell'invasione dell'Ucraina, o il livello dei rendimenti italiani, ai minimi rispetto alla Germania come nel 2010, agli inizi della crisi del debito dell’Eurozona. La contrazione degli spread in questi due mercati consente di comprare protezione a prezzi ragionevoli.

Mercati valutari

Il sorriso del dollaro3, che indica come l'USD si comporti meglio sia quando l'economia statunitense cresce rapidamente sia quando i timori di recessione aumentano, si sta trasformando in una smorfia. Lo status di "rifugio sicuro" degli Stati Uniti è in crisi e lo strike price della curva del dollaro è inferiore ai valori consueti.

Ciò non è di buon auspicio, direbbe il pessimista. Ma l'ottimista dice che dovrebbe essere vantaggioso per altre valute.

La nostra view negativa sull'USD si traduce in una strategia “barbell”.

Da un lato, l'euro e lo yen giapponese (asset più difensivi) che dovrebbero beneficiare di ulteriori rientri di capitali dagli Stati Uniti o di un aumento della copertura dal rischio di cambio. L’Europa ha infatti livelli di risparmio molto alti e una sovraesposizione agli asset statunitensi (con circa il 50% dei portafogli investiti in asset denominati in USD), perlopiù senza copertura valutaria. Un disimpegno, o anche solo una riallocazione verso asset europei, potrebbe portare il cambio EUR-USD nell'intervallo 1,18-1,20.

Dall'altro lato, il real brasiliano e il peso cileno (valute più cicliche), con le bilance commerciali globali ben orientate, dovrebbero essere favoriti dall'appetito per gli asset reali che questi paesi producono.
Il rame in particolare spicca, così come la bilancia commerciale del Cile, forte come negli anni 2000, quando la Cina incentivava l’accesso alla proprietà immobiliare e il suo settore edilizio cresceva fino a diventare il più grande del mondo. Inoltre, il prossimo ciclo politico potrebbe portare a una svolta verso candidati più conservatori, e quindi verso una maggiore ortodossia o politiche più favorevoli al mercato.

Mercati azionari

I massicci investimenti nel settore tecnologico non sono sufficienti a soddisfare la domanda in forte e rapida crescita di soluzioni di intelligenza artificiale. Questo trend dovrebbe favorire le società più esposte a questo settore. Tuttavia, la valutazione iniziale è importante per i rendimenti degli investimenti. Preferiamo pertanto gli hardware e gli hyperscaler, le cui valutazioni sono molto più basse rispetto ai software, ma anche le società cinesi che hanno dimostrato di sapersi trasformare da imitatori a leader di settore.

Nonostante la grande attenzione di cui hanno goduto negli ultimi mesi, le azioni europee ed emergenti rimangono trascurate, sottovalutate e non adeguatamente apprezzate.

La combinazione di stimoli fiscali di lunga durata, allentamento monetario e valutazioni iniziali attraenti, fanno ben sperare per i mercati azionari europei. Inoltre, l’apprezzamento delle valute locali può essere un fattore favorevole in alcuni casi. Pertanto, privilegiamo società commerciali con business model local-to-local, aziende esportatrici con un elevato potere di determinazione dei prezzi e aziende esposte all'economia nazionale in Europa.

Nei mercati emergenti, preferiamo i player locali che operano in settori poco penetrati. Tra questi, spiccano in particolare l'e-commerce e il settore bancario in America Latina.

Tutto ciò ci permette di mantenere sotto controllo la valutazione dei nostri portafogli azionari, oltre che diversificare i motori di crescita e i futuri driver di performance.

1La Sezione 899 è una nuova disposizione che mira agli investimenti da parte di paesi che impongono “tasse discriminatorie ed extraterritoriali” sulle imprese statunitensi. 2Una valuta fiat è una moneta nazionale che non è ancorata al prezzo di una commodity come l'oro. Fondamentalmente, l’euro in banconote e monete sono una valuta fiat. 32001, Stephen Jen.

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