Fine estate 2022 – le nostre Prospettive Macro

Data di pubblicazione
20 settembre 2022
Tempo di lettura
2 minuto/i di lettura

Cosa è successo quest’estate

I mercati azionari hanno registrato un deciso movimento al rialzo con l’indice MSCI World apprezzatosi del +14% da metà giugno a metà agosto. Dalla seconda quindicina di agosto, in un contesto di inflazione persistente, le Banche centrali hanno ricordato ai mercati che intendono proseguire la normalizzazione della politica monetaria “costi quel che costi”, interrompendo in tal modo questo movimento rialzista.

Perché?

  • Si è trattato di un rally da mercato ribassista? Il mercato ha espresso un posizionamento pessimistico. In tale contesto, il punto dolente è stato chiaramente che, con i mercati che continuavano ad apprezzarsi e una tolleranza per le perdite non uguale tra gli investitori, alcuni sono stati indotti a chiudere troppo frettolosamente le coperture, una sequenza di eventi tipica dei rally da mercato ribassista (solo quest’anno ci sono già stati 5 rimbalzi durante i quali i mercati azionari hanno registrato ritorni superiori anche al 5%).

  • Oppure, se non un rally da mercato ribassista, si tratta di una sorta di autocompiacimento dei mercati obbligazionari. La narrativa del mercato è in effetti passata della speranza iniziale di vedere l’inflazione sotto controllo a un ciclo più lungo (anche se potenzialmente più graduale) di normalizzazione monetaria.

La narrativa del mercato è cambiata anche alla luce di fattori quali il rafforzamento del dollaro USA, il tasso dei decennali USA vicino all’importante livello tecnico del 3,1%, l’allargamento degli spread sul credito e la relativa tenuta delle commodity.

Prospettive economiche

Nel primo semestre dell’anno la crescita economica è rallentata (il paese ha registrato due trimestri consecutivi di crescita negativa, il che corrisponde a una recessione tecnica). Nel secondo semestre l’economia dovrebbe beneficiare di una ripresa dei consumi, in un contesto di mercato del lavoro ancora contratto e di aumento dei salari reali (i salari sono in crescita del 6% su base annua mentre l’inflazione dovrebbe scendere al 3,5% entro fine anno). Questa tendenza fa presagire una spesa per i consumi resiliente e quindi un ciclo di rialzi dei tassi più lungo di quanto generalmente accettato (anche se potenzialmente a un ritmo più lento rispetto all’attuale).

Gli ultimi dati dell’indice PMI (l’indice composito dell’Eurozona è inferiore a 50) non fanno ben sperare per la traiettoria di crescita del continente. Le previste restrizioni energetiche, siano esse imposte dalle autorità o indotte dall’aumento del prezzo dell’elettricità, quintuplicato negli ultimi sei mesi, peseranno sulle prospettive economiche (stando all’autorità tedesca di regolazione del mercato energetico, per evitare il razionamento quest’inverno, la domanda deve essere ridotta del 20% nei mesi più freddi). In ogni caso, la flessione della domanda (autoimposta o prescritta dalle autorità) corrisponde a una contrazione della produzione e quindi dell’attività economica. Analogamente, l’aumento dei costi fissi spingerà le aziende a ridurre la spesa in conto capitale, con un ulteriore impatto sulla crescita. La Germania è la locomotiva della crescita economica nel continente ed è anche il paese più esposto, il che non fa ben sperare per gli altri 26 Stati membri. Si prevede che il paese entri in recessione nel quarto trimestre dell’anno, la cui entità dipende però in larga parte dalle misure fiscali compensative che potranno essere attuate e da quali agenti e settori economici saranno più soggetti alle restrizioni energetiche. A tal riguardo, le prossime pubblicazioni sui dati della produzione industriale saranno determinanti per valutare l’impatto globale e specifico della contrazione della domanda di energia.

Gli ultimi dati economici pubblicati sono stati deludenti, la disoccupazione giovanile e il boicottaggio dei mutui sono ulteriori fonti di preoccupazione per le autorità. Fermo restando che si può sperare di più sul fronte delle politiche, finora le misure hanno riguardato principalmente le infrastrutture e sostanzialmente trascurato altri settori, con un taglio di appena 10 pb dei tassi da parte della PBOC e soli CNY200 mld di prestiti sovvenzionati per affrontare un problema che pesa per 1.000-2.000 miliardi. Questa situazione non induce necessariamente un’uscita totale dalle azioni cinesi, vista la bassa correlazione tra il contesto macroeconomico cinese e l’andamento delle borse del paese, ma spinge a una certa prudenza nell’esposizione e nella selezione dei singoli titoli.

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