Mentre proseguono i negoziati tra Stati Uniti, Ucraina e Russia per garantire una pace duratura in Ucraina, le implicazioni per gli investimenti in Europa orientale diventano sempre più chiare. Permangono i rischi, ma non mancano le opportunità.
Con il conflitto entrato ormai nel terzo anno dopo l’invasione dell’Ucraina ad opera della Russia nel 2023, sono stati fatti alcuni passi avanti verso un cessate il fuoco dietro iniziativa degli Stati Uniti, mentre l’Europa è ancora alla ricerca di un posto al tavolo dei negoziati. Non ci sono ancora certezze sull’effettiva volontà della Russia di avviare una de-escalation, ma si profilano sicuramente ripercussioni positive sulle prospettive di investimento nei paesi limitrofi all’Ucraina, in particolare Ungheria, Polonia e Romania.
Dal punto di vista economico, l’amministrazione USA ha annunciato una serie di dazi reciproci, imponendo dazi minimi del 10% a tutti i paesi esportatori. Ad alcuni partner commerciali sono state prospettate tariffe ancora più elevate, innescando una situazione potenzialmente pericolosa per l’economia globale. Anche se l’impatto diretto dei dazi sui paesi dell’Europa centrale e orientale dovrebbe essere limitato, tenuto conto degli scambi commerciali relativamente modesti di questi paesi con gli Stati Uniti (appena l’1,5-3,5% del valore aggiunto lordo interno di quest’area è correlato alla domanda finale statunitense), la traiettoria generale delle politiche commerciali estere globali è un segnale più allarmante. I paesi dell’Europa centrale e orientale sono stati tra i principali beneficiari della globalizzazione e dell’integrazione nelle catene di fornitura globali. È quindi opportuno valutare attentamente gli effetti sull’Unione europea, essendo quest’ultima un mercato rilevante per le esportazioni dei paesi dell’Europa centrale e orientale e visto che la sensibilità del PIL dei paesi dell’Europa centrale e orientale alle oscillazioni dell’Eurozona è all’incirca pari a 1 in media nei cicli economici1.
Tuttavia, riteniamo che ci siano diversi motivi per essere ottimisti nel medio termine. La storica svolta della Germania in materia di politica fiscale dovrebbe rilanciare la crescita nella regione e contribuire a mitigare in una certa misura l’impatto dei dazi giocando sulla fiducia.
Vale la pena sottolineare soprattutto che ciascuno di questi paesi ha le proprie problematiche e può vantare un potenziale idiosincratico specifico, che possono essere innescati da eventuali cambiamenti politici o da variazioni dei fondamentali. Il compito di un fondo obbligazionario globale come Carmignac Portfolio EM Debt, attivo, flessibile e senza vincoli geografici, è non farsi influenzare dal rumore di fondo e riuscire a sfruttare la flessibilità che lo caratterizza per individuare le aree generatrici di valore per i clienti. La flessibilità ci permette inoltre di uscire dai sentieri battuti, trascendendo la gestione tradizionale per ricercare nuove fonti di alfa in qualsiasi fase del ciclo economico. Una caratteristica nella quale eccelliamo. Il debito emergente è un esempio particolarmente interessante. L’eterogeneità di questo universo di investimento offre opportunità spesso decorrelate dai cicli economici dei paesi sviluppati, ma anche valutazioni interessanti. Attualmente i rendimenti medi dei mercati dell’Europa centrale e orientale offrono un premio di 300 basis point rispetto al debito tedesco, con fondamentali, come il livello del debito, spesso decisamente inferiori rispetto ad alcuni paesi dell’Eurozona.
L’Ungheria è uno degli Stati dell’Europa centrale e orientale più aperti ed è saldamente ancorata al sistema economico dell’Unione europea. In effetti l’UE, e in particolare la Germania, sono le principali destinazioni delle esportazioni ungheresi. Dopo la crisi finanziaria globale, il paese ha avviato un processo pluriennale di riduzione del debito che ha contribuito a creare un’economia molto più equilibrata. Tuttavia, i costi economici della pandemia, i disordini politici e la crisi energetica seguita all’invasione russa dell’Ucraina hanno riportato indietro il paese.
L'Ungheria è stato il paese dell’Europa centrale e orientale più colpito dall’inflazione, con un picco di circa il 26% e un aumento del 50% su base annua dei prezzi dei prodotti alimentari2. L’inflazione è perciò diventata uno scottante problema politico per il paese, fermamente impegnato ad assicurare la stabilità monetaria. Di conseguenza, la Banca centrale prosegue una politica monetaria molto rigorosa (i tagli dei tassi verranno rimandati il più a lungo possibile) mentre gli sforzi sono ora concentrati sul mantenimento della stabilità del fiorino in vista delle imminenti elezioni.
Il Primo ministro Victor Orbán è al suo quarto mandato e rimane una figura di conflitto tra Unione europea e Russia (è inoltre in buoni rapporti con il Presidente USA Donald Trump), ma a nostro avviso la sua leadership in vista delle elezioni di aprile 2026 può essere seriamente messa in discussione dal leader del nuovo partito Tisza, Peter Magyar.
Guardando ai fondamentali, l’Ungheria è uno dei paesi europei ad avere registrato il miglioramento più netto del saldo primario e della bilancia delle partite correnti negli ultimi dieci anni. Il forte impegno del paese ad abbassare l’inflazione e a ricercare la stabilità monetaria, una politica monetaria rigorosa e un approccio fiscale disciplinato rendono le obbligazioni ungheresi interessanti per il nostro Fondo.
Ungheria: Indicatori in netto miglioramento
Essendo uno dei paesi meno sviluppati dell’Unione europea, la Romania ha un enorme potenziale di ripresa. Tuttavia, come molti altri paesi dell’Europa centrale e orientale, deve fare i conti con una serie di problematiche.
La crescita economica del paese è decisamente rarefatta, a causa in primo luogo delle crisi del settore manifatturiero in Europa e del tasso di cambio sopravvalutato. L’impegno a ridurre l’inflazione, combinato a un significativo stock di debito privato in valuta estera, ha storicamente indotto la Banca centrale a mantenere una certa stabilità del leu rispetto all’euro, intervenendo sul mercato per ridurre la volatilità. Di conseguenza la crescita del PIL è stata inferiore all’1% nel 2024 e dovrebbe mantenersi di poco inferiore al 2% nel 2025. Nel frattempo il deficit pubblico è balzato all’8,7% del PIL3, il livello più alto dei 27 paesi membri dell’UE, sulla scia dell’aumento delle pensioni e dei salari in un anno contrassegnato dalla scadenza elettorale. Il ritorno ai livelli pre-covid non sembra essere una priorità.
Sul fronte delle notizie positive, la Romania è un paese che riveste una grande importanza ai fini NATO a causa della posizione strategica e delle tre basi NATO collocate sul suo territorio, tra cui la base più grande d’Europa (costruita dagli Stati Uniti), un fattore che accresce l’importanza geopolitica del paese e un potenziale atteggiamento indulgente dell’UE. Inoltre, la Romania è pressoché autosufficiente dal punto di vista energetico e prevede di diventare un esportatore di gas nei prossimi due anni, oltre a essere già un importante esportatore di prodotti agricoli.
Le nuove elezioni si sono appena concluse con la vittoria di Nicușor Dan, sindaco di Bucarest, che ha ottenuto circa il 54% dei voti. Il risultato è stato una sorpresa, dato che Dan era inizialmente terzo nei sondaggi prima del primo turno e secondo dopo il primo turno, con 20 punti di distacco dal candidato di estrema destra Georges Simion (41% contro 21%). Questo risultato è chiaramente il più favorevole al mercato e ha generato una reazione positiva da parte dei mercati finanziari. Il voto dimostra che la maggioranza dei rumeni vuole continuare il percorso verso l'UE e la NATO senza spostarsi a destra. Il risultato è positivo anche per l'Ucraina, poiché le speranze della Russia di mettere un altro vicino contro di sé non si sono realizzate, il che potrebbe facilitare il processo di cessate il fuoco.
Tuttavia, la vittoria di Dan è solo il primo passo di un percorso difficile. Dovrà formare un governo, cosa che sarà impegnativa date le rivalità tra i partiti. Una volta formato, il governo dovrà adottare rapidamente un piano di bilancio per affrontare il deficit pubblico insostenibile. Dan dovrà probabilmente rinunciare ad alcune delle promesse elettorali a causa della situazione fiscale. Sebbene queste elezioni portino un gradito sollievo temporaneo, riteniamo che i rischi a lungo termine rimangano elevati e continuiamo a monitorare i segnali di volontà politica per trovare il giusto mix di politiche macroeconomiche.
Romania: Saldo di bilancio in % del PIL. Non è in vista un ritorno al 3% a breve.
La Polonia è l’economia più grande e diversificata dell’Europa centrale e orientale, caratterizzata da una considerevole domanda interna e una base di esportazioni competitiva che hanno fornito un importante cuscinetto in diversi momenti di crisi estera. Il paese è stato uno dei maggiori beneficiari delle sovvenzioni dell’Unione europea in seguito all’ingresso nell’UE, che è stato il principale fattore di crescita. Nel frattempo, i dati della Banca mondiale suggeriscono che il reddito corretto per il PIL della Polonia supererà quello del Giappone nel 2026. L'economia polacca dovrebbe crescere dal 2,6% nel 2024 al 3,1% nel 20254, trainata dalla spesa per i consumi e dall’accelerazione degli investimenti grazie alle sovvenzioni UE. Nel periodo di bilancio dell’UE 2021-2027, la Polonia ha diritto a quasi 130 miliardi di euro (pari a oltre il 3% del PIL in media all’anno) sotto forma di sovvenzioni del Recovery Fund e del Fondo strutturale e di coesione dell’Unione europea5.
Sul fronte politico, la transizione avviata con il Primo ministro Donald Tusk ha dato vita a un governo di coalizione più aperto al mercato e filoeuropeista, che ha contribuito ad accelerare le sovvenzioni UE verso il paese, portando oltre €20 miliardi nei primi mesi del 2025 e rafforzando la fiducia degli investitori.
Il principale problema del paese è il forte disavanzo pubblico (6% del PIL nel 2024), conseguenza della politica di bilancio populista portata avanti per otto anni dal precedente governo e dell’imponente spesa per la difesa, che dovrebbe passare al 4,7% del PIL nel 2025 rispetto al 4,2% del PIL nel 20246.
Infine, l’inflazione ha complicato le relazioni tra il governo e il Governatore della Banca nazionale polacca (NBP) Adam Glapiński, portando la Banca ad adottare una politica che non ha sostenuto la crescita. L’assenza di una politica di inasprimento fiscale, l’eliminazione del tetto al prezzo dell’energia e la riduzione dell’IVA sugli alimentari e delle accise spiegano l’atteggiamento attendista della BNP, a suo dire.
Tuttavia, durante la riunione di aprile il Governatore ha compiuto un’inversione a U, cogliendo il mercato di sorpresa. Glapiński ha attribuito la svolta dovish al "cambiamento radicale" delle prospettive economiche. La revisione del paniere dell’inflazione ha determinato un’inflazione "significativamente inferiore" a inizio anno rispetto alle previsioni iniziali, 4,9% vs. 5,3%. Il deciso rallentamento della crescita dei salari, ancora sostenuta ma “non più a doppia cifra”, è stato un altro fattore che ha influenzato la decisione della NBP, le cui previsioni di inflazione sono ora al 4,5% per il Q2, 3,5% per il Q3 e 4,2% per il Q4, decisamente inferiori alle proiezioni del report di marzo (rispettivamente 5,2%, 4,1% e 4,.8%)7.
Per quanto si possa ritenere brusco questo cambiamento di rotta della NBP avvenuto tra marzo e aprile, bisogna riconoscere che la decisione è stata presa al momento giusto per assorbire lo shock dei dazi USA sull’economia. Infatti, combinata agli annunci di Trump sui dazi, la decisione ha determinato un significativo rally dei tassi a breve termine, esacerbato dal ribasso dei tassi avvenuto a livello mondiale.
Di conseguenza, il 7 maggio la NBP ha tagliato i tassi ufficiali di 50 basis point, il mercato ha rivisto al ribasso le aspettative sui tassi e ora prevede un tasso di circa il 4,5% a fine 2025 e del 3,5% a fine 2026.
Polonia: Previsioni di forward guidance. Il mercato attende ulteriori tagli per 75 basis point nel corso del 2025
Il debito emergente in generale, e dell’Europa orientale nello specifico, offre una preziosa diversificazione rispetto al debito dei paesi sviluppati. Sostenuta da economie diversificate con fondamentali relativamente solidi, questa regione geografica fornisce una copertura utile in un contesto di shock economici globali, in particolare nell’attuale fase di volatilità causata dall’introduzione dei dazi (il cui impatto diretto è stato limitato nella regione, che offre rendimenti generalmente più elevati).
Tuttavia è importante tenere presenti i rischi specifici associati a questi investimenti e la Romania ne è un esempio eclatante. I rischi politici, le oscillazioni valutarie e le vulnerabilità economiche sono tutti fattori che il team di gestione non deve sottovalutare e che richiedono un rigoroso quadro di analisi delle condizioni economiche e politiche specifiche di ciascun paese.
In termini di implementazione, la flessibilità della strategia obbligazionaria globale offre un ventaglio particolarmente ampio di opzioni in termini di strumenti di investimento, ciascuno con dinamiche proprie: tassi di interesse in valuta locale, obbligazioni in valuta forte (EUR o USD) e naturalmente valute. Abdelak privilegerà l’una o l’altra di tali fonti di performance tenendo conto di diversi fattori, quali la traiettoria macroeconomica, le valutazioni, gli elementi tecnici e il sentiment di mercato, senza perdere di vista l’equilibrio generale del portafoglio.
*Scala di Rischio del KID (documento contenente le informazioni chiave). Il rischio 1 non significa che l'investimento sia privo di rischio. Questo indicatore può evolvere nel tempo. **Il Regolamento SFDR (Regolamento sull’informativa di sostenibilità dei mercati finanziari) 2019/2088 è un regolamento europeo che impone agli asset manager di classificare i propri fondi in tre categorie: Articolo 8: fondi che promuovono le caratteristiche ambientali e sociali, Articolo 9 che perseguono l'investimento sostenibile con obiettivi misurabili o Articolo 6 che non hanno necessariamente un obiettivo di sostenibilità. Per ulteriori informazioni consultare: https://eur-lex.europa.eu/eli/reg/2019/2088/oj?locale=it. Per le informazioni relative alla sostenibilità ai sensi del Regolamento SFDR si prega di prendere visione del prospetto del oppure fondi delle pagine del sito web di Carmignac dedicate alla sostenibilità fondo https://www.carmignac.it/it_IT/i-nostri-fondi).
Carmignac Portfolio EM Debt | 0.8 | -10.5 | 28.1 | 9.8 | 3.2 | -9.4 | 14.3 | 3.7 | 0.5 |
Indice di riferimento | 0.4 | -1.5 | 15.6 | -5.8 | -1.8 | -5.9 | 8.9 | 4.4 | 0.9 |
Carmignac Portfolio EM Debt | + 6.4 % | + 7.5 % | + 4.6 % |
Indice di riferimento | + 4.1 % | + 2.9 % | + 1.7 % |
Fonte: Carmignac al 31 mar 2025.
Le performance passate non sono un'indicazione delle performance future. Le performance sono calcolate al netto delle spese (escluse eventuali commissioni di ingresso applicate dal distributore)
Indice di riferimento: 50% JP Morgan GBI – Emerging Markets Global Diversified Composite Unhedged EUR Index (JGENVUEG) + 50% JPMorgan EMBI Global Diversified EUR hedged Index (JPEIDHEU)
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